Il nuovo prefetto Romano: concretezza, cultura e ampia visione per risolvere i problemi di Vicenza

Mostra quella “forza tranquilla” che fu indicata come la cifra stilistica di Mitterrand. Colto ma non paludato, approfondisce le questioni e ha una visione “orizzontale” che rifugge dall’approccio burocratico

Il nuovo prefetto di Vicenza, Filippo Romano, 58 anni, sposato, appare come una persona che mostra quella forza tranquilla che Jacques Seguela dipinse nel 1981 per François Mitterrand ed è rimasta l’identikit del presidente francese. Dall’eloquio forbito ma non ampolloso, concreto ma non paludato, Romano ha una visione precisa dei problemi che rifugge dall’approccio burocratico e li inserisce in un contesto attento alle variabili della vita. È attento alla dimensione orizzontale e non verticale dell’organizzazione. Sarà un’eredità delle sue radici friulane, cresciute poi in una dimensione personale e lavorativa dall’orizzonte ampio di cui assorbe gli stimoli. È capace di vedere (e inserire) l’arte e la cultura dove meno lo si aspetta. A Porto Empedocle ha fatto affrescare l’hot spot che accoglie i migranti: “Credo molto nella forma che è sostanza – spiega ai giornalisti, convocati per la conferenza stampa di presentazione in prefettura – Anche se dovremo magari dire no , non dobbiamo apparire un Paese lontano dalla nostra identità, bensì un Paese europeo”. Non basta. La prefettura di Agrigento l’ha trasformata in una galleria civica aperta (un giorno alla settimana) ai cittadini: “I palazzi della prefettura si assomigliano tutti: devono però anche essere un simbolo artistico”. E va ricordato che Agrigento è la prefettura che deve gestire Lampedusa, diventata la prima linea dell’accoglienza ai migranti, con tutti i problemi che ne derivano.

Filippo Romano, nuovo prefetto di Vicenza: ha sostituito Salvatore Caccamo che è andato al suo posto ad Agrigento

Tutto questo, naturalmente, lo riempie di impegni ma non ne è travolto. La passione per l’arte – spiega – gli arriva dalla mamma, storica dell’arte a Udine, dov’è nato e dove ha mosso i primi passi della sua carriera. Adesso che si trova a Vicenza, sottolinea proprio questa dimensione: “Come posso essere prefetto di Vicenza senza amare l’arte? Ma più in generale, come si può essere un prefetto senza conoscere la storia del luogo in cui ti trovi?”. Impossibile dargli torto. “La bellezza – prosegue – è un impegno corale che ci porta lontano da ciò che la danneggia”.

La sua carriera l’ha svolta in prima linea, nelle prefetture più delicate, specie nella Locride: e poi Messina, Canicattì, Palmi, Taurianova, Reggio Calabria, Racalmuto, Vibo Valentia. È stato commissario straordinario di sette Comuni e una Provincia sciolti per infiltrazioni mafiose. Tanto per dare il primo segno di disponibilità, ha creato a Vicenza una chat di whatsapp con tutti i sindaci della provincia.

Quando ha incontrato i dipendenti della prefettura ha tenuto un discorso sulla differenza tra causa e motivo del negozio giuridico. Romano è laureato in giurisprudenza e avvocato. La piccola lezione poteva essere una dissertazione sottile per addetti ai lavori, in realtà coglie l’anima della nostra identità: “Qual è il motivo del nostro essere italiani? – si chiede – L’orgoglio della nostra storia. Se una ragazza è costretta a seguire le indicazioni della sua famiglia straniera, che so accettare un matrimonio che lei non vuole, io che sono un uomo di diritto non posso che stare dalla sua parte, quella di una cultura che rispetta l’altro”. “Lo so – aggiunge – che parlare nei Comuni di mafia di legalità sembra acqua fresca, ma la legalità significa rispetto, non quello che intendono i mafiosi”. “Oggi gli immigrati di seconda o terza generazione – sottolinea – sono spesso bravi a scuola, interpretano la cultura d’origine delle loro famiglie, magari sostengono i genitori che non sanno neanche bene la nostra lingua mentre loro parlano pure il nostro dialetto, e tutto questo alla fine può creare attriti fra la nostra cultura e quella loro”. E qui interviene la funzione della prefettura e quella delle autorità italiane che devono pensare all’integrazione e non possono cedere alle pressioni culturali esterne.

Di Romano colpisce, dunque, questo stile ecumenico e questo approccio che scava i problemi e non impone verità pregiudiziali.

I problemi di Vicenza li ha ben presenti e li ha collocati in tre livelli, non per importanza. Primo, protezione civile e lotta al dissesto idrogeologico. Secondo: l’alta velocità, ossia i cantieri che proseguono. Terzo, ordine pubblico in senso ampio, che vuol dire antimafia, manifestazioni pubbliche e rapporti con i cittadini. Non chiedetegli cosa farà nei primi cento giorni. Vi risponderà: “Studierò”. Il che è un altro sintomo di attenzione e concretezza.

Antonio Di Lorenzo